Attrice diplomatica all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica offre lezioni di ironia per un efficace public speaking.

Saperne di più su Francesca

• Quando hai cominciato a seguire questa disciplina? E perché?

  Fin da piccola mi è capitato di recitare sia a scuola che sul set perché essendo mio papà sceneggiatore e regista, a casa non si faceva altro che parlare di cinema e teatro. Il mio primo ruolo l'ho avuto in un film diretto proprio da lui che si chiama "Santo Stefano", avevo sei anni e dovevo dire solo una breve battuta. Ricordo che ad ogni ciak mi veniva così tanto da ridere che mi mordevo le guance per evitare di interrompere la scena e per evitare che mio padre mi facesse una scenata.

• Quali sono gli artisti o le opere che ti emozionano di più?

  Amo la commedia: Chaplin, Totò, Alberto Sordi hanno una comicità eterna. Tra i registi che amo di più ci sono Fellini e Monicelli.

• Quali sono, secondo te, le qualità necessarie per riuscire in questo campo?

  La perseveranza prima di tutto. Bisogna avere il coraggio di andare avanti nonostante i no che si possono ricevere. E' un mestiere in cui si è sottoposti al giudizio esterno (registi, produttori, pubblico) per cui bisogna avere fiducia in sé ed una sana capacità di resilienza. Altra qualità a mio avviso importante è la disciplina: è un lavoro caratterizzato da periodi intensi ed impegnativi alternati a periodi di calma piatta, essere centrati è necessario per riuscire a gestire i cambiamenti repentini che non dipendono da noi ma da tantissimi fattori esterni (audizioni improvvise, contratti nuovi, viaggi...).

• Quale consiglio daresti ad un allievo per incoraggiarlo a fare progressi?

  Dipende dall'allievo che mi trovo di fronte. Io tendo ad ascoltare gli obbiettivi e le fragilità individuali per poi sviluppare esercizi ad hoc. Innanzitutto voglio che i miei allievi si sentano liberi di sperimentare e di ricercare senza giudizio quindi creo a lezione uno spazio sicuro, uno spazio dove è permesso giocare e sbagliare. Per me la cosa più importante è che l'allievo acquisisca sempre più consapevolezza delle proprie qualità che sono uniche. Perché ognuno di noi è un universo a parte.

• Che cosa ti apporta questa passione? Ne hai delle altre?

  Il teatro e la recitazione più in generale mi hanno portato ad una diversa qualità del sentire. In scena infatti non c'è tempo per il pensiero, devi abitare il tempo presente, senza l'ansia del futuro o la nostalgia del passato. Chi pensa è perduto, si sta nel momento con il corpo, con la mente e con il cuore. Si ha una consapevolezza delle emozioni che cambiano, scorrono. Una diversa qualità del sentire appunto che cerco di portare sempre con me, anche fuori dal teatro. Invece una passione che ho scoperto da poco è quella per la boxe che penso abbia dei lati in comune con la recitazione, come il conflitto e l'attenzione. Altre passioni che ho sono la scrittura e il canto.

• C'è una delle tue opere di cui sei particolarmente orgoglioso?

  Mi ritengo fortunata per aver lavorato con Wim Wenders (in un corto pubblicitario), regista che adoro e che umanamente si è rivelato essere una splendida persona. Poi sono grata ad Antonio Latella che ha diretto il nostro saggio di diploma in Accademia (Il Faust) e che mi ha permesso di scoprire un lato di me che prima non conoscevo: quello comico!

• Ti è già capitato di sorprenderti per le capacità o per il talento di un allievo?

  Fortunatamente mi è successo più volte. Ho notato che creando uno spazio sicuro a lezione e creando un rapporto basato innanzitutto sulla fiducia, diversi allievi che all'inizio vedevo bloccati, nel giro anche solo di due lezioni, iniziavano ad aprirsi senza più imbarazzo, a sperimentare e a mostrare dei colori diversi di sé, che prima tenevano nascosti. Mi ha stupito la semplicità con cui superavano delle barriere fino a quel momento altissime, dando spazio finalmente alla loro creatività.

• Essere un Superprof è una vera arte! Qual è il tuo segreto?

  La commedia e la scrittura creativa. Il mio forte sono i segreti della comicità. Poi mi piace creare insieme. La lezione si fa orizzontalmente. Sono stata purtroppo educata per anni da insegnanti che tendevano a mettersi sul piedistallo, forti del loro potere. In un tipo di educazione del genere, improntata sul giudizio, sul giusto e sullo sbagliato ho sempre riscontrato dei limiti. Perché accade che il maestro ha anche tanto da imparare dal suo allievo e perché il teatro si basa sul legame tra due persone (uno che ascolta e uno che recita) altrimenti non esisterebbe.
  
  A lezione con me si impara ridendo perché la vita è un palcoscenico!