L'autismo non è un errore di elaborazione. È un sistema operativo diverso.

Sarah Hendrickx

Fare i compiti a casa può essere una sfida quotidiana per molti bambini, ma per quelli con un disturbo dello spettro autistico rappresenta spesso un momento di particolare complessità. In molte famiglie, il tempo dello studio si trasforma in fonte di stress, frustrazione e senso di fallimento, tanto per il bambino quanto per il genitore. Quello che in teoria dovrebbe essere un’opportunità di consolidamento dell’apprendimento, in pratica può diventare un terreno difficile, pieno di incomprensioni, tentativi falliti e scontri emotivi.

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Autismo e studio a casa

I disturbi dello spettro autistico (ASD) sono condizioni del neurosviluppo che influenzano la comunicazione, l’interazione sociale, la regolazione emotiva e il comportamento. Ogni bambino autistico è diverso, e nel contesto dei compiti a casa, queste caratteristiche possono emergere in modo evidente: ciò che per un bambino neurotipico richiede 15 minuti, per un bambino autistico può diventare un compito da gestire con tempi e modi del tutto diversi. Per questo è fondamentale conoscere, accogliere e adattare.

Il problema non è il bambino, né il genitore, ma spesso la mancanza di strumenti adeguati per affrontare quella specifica situazione. I bambini autistici hanno uno stile cognitivo e sensoriale diverso, che richiede approcci personalizzati, ritmi rispettati e ambienti favorevoli. Forzarli a rientrare in modelli standard di studio, senza tener conto delle loro reali possibilità e modalità di apprendimento, rischia di essere controproducente.

In questo articolo cercheremo di offrire strategie pratiche e rispettose, utili sia ai genitori che agli insegnanti, per affrontare il momento dei compiti a casa in modo più sereno. Dall’organizzazione dello spazio alle modalità di comunicazione, dalla personalizzazione degli esercizi alla collaborazione scuola-famiglia, esploreremo insieme soluzioni concrete per rendere lo studio un’occasione di crescita, non di conflitto.

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Capire il bambino prima del compito

Prima ancora di aprire il quaderno o accendere il tablet, è importante fermare un attimo a osservare: in che stato si trova il bambino? È calmo? Stanco? Sovraccarico? Ricettivo? L'approccio ai inizia compiti molto prima dell'attività in sé: inizia dal contesto emotivo, sensoriale e relazionale in cui il bambino si trova.

Per molti bambini autistici, passare dalla scuola al tempo a casa non è una transizione semplice. La giornata scolastica può aver richiesto uno sforzo importante in termini di attenzione, adattamento e autoregolazione.

Come proporre lo studio a casa ai bambini autistici?

A volte, il rientro è accompagnato da segnali di stanchezza estrema o da vere e proprie crisi di decompressione. In questi momenti, pretendere che il bambino “si metta subito a studiare” rischiando di aumentare stress e opposizione.

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Tempo di decompressione

È molto più utile prevedere un tempo di decompressione: uno spazio dedicato al rilassamento, magari con attività rassicuranti come il gioco libero, il disegno, l'uso di materiali sensoriali o semplicemente la presenza silenziosa del genitore. Un ambiente familiare, calmo e privo di stimoli eccessivi può fare la differenza.

Anche il modo in cui si propone il momento dei compiti ha un grande impatto. Evitare frasi generiche (“Adesso facciamo i compiti”) e preferire comunicazioni chiare, prevedibili e strutturate (“Tra cinque minuti iniziamo con il compito di matematica, poi faremo una pausa con il tuo gioco preferito”) aiuta il bambino a sapere cosa aspettarsi.

Alcuni bambini possono trarre beneficio da un orologio visivo o da una sequenza illustrata delle attività previste, soprattutto se usano la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) o altri supporti visivi.

Capire il bambino significa anche accettare che non tutti i giorni sono uguali. A volte, nonostante la buona volontà di tutti, non si riesce a fare quello che era previsto. In questi casi, forzare l’attività può compromettere la relazione e rafforzare l’idea negativa del momento studio. Meglio allora fermarsi, riprogrammare, e riprovare in un altro momento, senza sensi di colpa.

Preparare il terreno, emotivo e sensoriale, è il primo passo per costruire un'esperienza di studio che sia davvero accessibile. Non è tempo perso: è il tempo più utile.

Adattare i compiti: qualità prima della quantità

Quando si parla di compiti per bambini autistici, uno degli errori più frequenti è pensare che basti “semplificare”. In realtà, ciò che serve davvero è personalizzare.

Come aiutare un bambino autistico a fare i compiti?

Ogni bambino ha un proprio stile cognitivo, un proprio modo di accogliere e organizzare le informazioni. Per questo, l’obiettivo non dovrebbe essere “fare tutto”, ma fare ciò che è utile e affrontabile, nel rispetto dei suoi tempi, delle sue risorse e del suo livello di funzionamento.

Adattare i compiti significa innanzitutto chiedersi:

  • A cosa serve questo esercizio?
  • Qual è l’obiettivo didattico?
  • Posso raggiungerlo in un modo più vicino al bambino?

A volte è sufficiente ridurre la quantità (meno esercizi ma ben fatti), altre volte si tratta di modificare la forma dell'attività, ad esempio trasformare un esercizio scritto in un'attività visiva, manipolativa o multimediale.

Un approccio efficace è spezzettare il compito in piccoli passi, ciascuno con un inizio e una fine chiari. Questo aiuta il bambino a non sentirsi sopraffatto e a percepire un senso di progresso. Anche l'uso di strumenti visivi, come tabelle, immagini o simboli CAA, può facilitare la comprensione della consegna e la sequenza delle azioni.

Per esempio, invece di un dettato tradizionale, si può proporre una scrittura guidata con immagini da associare alle parole.

Un esercizio di matematica può essere confrontato con oggetti concreti, disegni o schemi colorati. Alcuni bambini possono beneficiare di strumenti tecnologici (tablet, app, mappe interattive), mentre altri hanno bisogno di materiali fisici da toccare e spostare.

Quali strumenti utilizzare con i bambini autistici?

In questo processo, è fondamentale che la scuola collabori attivamente. Gli insegnanti, soprattutto quelli di sostegno, dovrebbero offrire indicazioni precise sui compiti e proporre eventuali adattamenti nel Piano Educativo Individualizzato (PEI). I compiti a casa non possono essere scollegati dal progetto didattico globale: devono essere coerenti con quanto avviene in aula e, se necessario, ridotti, sostituiti o esclusi, in accordo con le linee guida ministeriali.

Un aspetto chiave è ricordare che non tutti gli apprendimenti passano dal quaderno. Per alcuni bambini, cucinare una ricetta, fare un disegno, guardare un documentario o aiutare nei piccoli gesti quotidiani può essere molto più formativo (e meno frustrante) di tre pagine di esercizi ripetitivi. In questi casi, è utile documentare l’attività e condividerla con gli insegnanti come parte integrante del percorso di apprendimento.

Adattare non significa rinunciare: è, al contrario, un gesto di profondo rispetto educativo, che mette il bambino al centro, lo rende partecipe e gli restituisce fiducia nelle proprie possibilità.

Rendere il momento dei compiti sostenibile

Affinché il momento dei compiti non diventi un campo di battaglia, serve una parola chiave: prevedibilità. I bambini autistici, infatti, si trovano spesso in difficoltà quando le attività non sono chiare, quando il tempo è indefinito o quando non cosa li aspetta. Rendere la routine dei compiti strutturata, sostenibile e rassicurante può cambiare radicalmente l’esperienza quotidiana.

Come organizzare i compiti con i bambini autistici?

Un primo passo utile è stabilire un ritmo quotidiano: se possibile, i compiti dovrebbero avvenire sempre più o meno alla stessa ora, nello stesso luogo e secondo una sequenza nota. Questo aiuta il bambino ad anticipare mentalmente ciò che accadrà.

Alcuni genitori trovano molto utile costruire una striscia visiva (con simboli, parole o immagini reali) che indica le fasi dello studio, comprese le pause e il momento della fine.

Il luogo in cui si fanno i compiti è altrettanto importante. Deve essere semplice, privo di distrazioni visive o uditive, ben illuminato, e dotato del materiale necessario già a portata di mano. Alcuni bambini preferiscono spazi piccoli e raccolti (come un angolo studio delimitato), altri hanno bisogno di muoversi: ascoltare le loro preferenze è fondamentale.

La gestione del tempo è un altro snodo critico. Il tempo veniva visualizzato, ad esempio con timer colorati, clessidre o app visive. Anche le pause devono essere programmate, per evitare accumuli di fatica o frustrazione. Dopo ogni compito o blocco di lavoro, è utile inserire un'attività di decompressione, breve ma rigenerante.

Ecco dunque una tabella di riferimento con alcuni strumenti pratici che facilitano la gestione del momento studio:

ObiettivoStrumento utileNote pratiche
Rendere il tempo "visibile"Timer visivo, clessidra, app con conto alla rovesciaAiuta il bambino a sapere “quanto manca”
Strutturare la sequenza delle attivitàStriscia visiva, checklist, agenda illustrataIncludi sempre le pause e il momento in cui si finisce
Gestire lo spazioAngolo studio definito, riduzione stimoli visiviEvitare tavoli disordinati ed eventuali distrazioni
Favorire il rilassamento tra un’attività e l’altraCuscini sensoriali, musica soft, oggetti preferitiInserire pause brevi tra i blocchi di lavoro

L’obiettivo non è “fare tutto”, ma farlo bene e con serenità. Se il bambino sa cosa deve fare, per quanto tempo, dove, con chi, e cosa accadrà dopo, si sentirà più sicuro e disposto a collaborare. Ogni passo nella direzione della chiarezza è un passo verso l’autonomia.

Il ruolo dell'adulto: guida, non sostituto

Nel momento dei compiti, l'adulto di riferimento ha un ruolo delicato e fondamentale: non quello di insegnante, ma di mediatore emotivo e guida fidata. Il rischio più frequente è quello di sostituirsi al bambino, nel tentativo di evitare frustrazioni, crisi o scontri. Ma aiutare non significa fare al posto: significa creare le condizioni perché il bambino possa provarci, senza paura di sbagliare.

Il primo passo è imparare a dare indicazioni chiare e prevedibili. I bambini autistici spesso faticano con istruzioni vaghe o ambigue. Frasi come “vediamo se riesci a finire tutto” o “dai, impegnati di più” possono generare ansia o opposizione. È molto più efficace usare frasi brevi, dirette e coerenti, accompagnate da gesti o supporti visivi: “Adesso facciamo questo esercizio, poi ci sarà una pausa con il tuo gioco”.

Come aiutare i bambini autistici a fare i compiti?

Un’altra strategia fondamentale è rafforzare i comportamenti positivi, anche piccoli. Non servono premi materiali o eccessi di entusiasmo, ma rinforzi calibrati: un sorriso, una parola gentile, un gesto di riconoscimento. Anche una tabella con simboli di gratificazione (stelline, cuori, punteggi) può essere un valido supporto motivazionale. L’importante è che il rinforzo sia coerente, immediato e sentito.

E nei giorni difficili? Può capitare che il bambino rifiuti i compiti, si opponga, scoppi in una crisi o si chiuda in sé. In questi casi, la priorità non è completare l’esercizio, ma proteggere la relazione.

Come gestire lo studio e i compiti a casa in caso di autismo?

Validare l’emozione (“Capisco che sei stanco”), proporre una pausa, o rimandare il compito senza sensi di colpa è un gesto di ascolto profondo. Se i momenti difficili si ripetono, meglio parlarne con la scuola: spesso è il segnale che i compiti assegnati non sono più adatti o richiedono un adattamento.

Essere genitori o educatori di un bambino autistico significa imparare a stare accanto con pazienza, senza pressioni inutili ma con una visione chiara. Non è un compito facile, ma non si è soli: la collaborazione con gli insegnanti, i terapeuti e gli altri familiari può fare davvero la differenza!

Rendere i compiti un momento sereno non è solo possibile: è un obiettivo concreto, che passa da piccoli ma significativi cambiamenti nel modo in cui si propone, si organizza e si vive il tempo dello studio. Non esiste una ricetta universale, ma esistono strategie flessibili, capaci di adattarsi alle risorse e alle sensibilità di ogni bambino.

Quando il bambino si sente capito, quando i compiti sono pensati su misura e quando la scuola e la famiglia lavorano in alleanza, studiare smette di essere una fatica e diventa una scoperta. Perché ogni passo fatto insieme, anche il più piccolo, costruisce fiducia, competenza e benessere.

L’obiettivo non è “fare tutto”, ma fare abbastanza, con rispetto e cura. In fondo, è questo che significa davvero educare.

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Sandra

Educatrice, insegnante di meditazione, appassionata di storia, filosofia e di discipline spirituali.