La London Fashion Week è diversa da tutte le altre, è più libera da vincoli commerciali, più fedele al processo creativo, allo street style, al senso dell'umorismo!
Alexa Chung
Quando si parla di moda, Londra rappresenta da sempre uno dei luoghi più innovativi e interessanti: questa città non segue le tendenze, le anticipa, le sconvolge, le reinventa!
Due volte l’anno, la London Fashion Week (nota con l'acronimo di LFW) trasforma la capitale britannica in un caleidoscopio di visioni: tra ispirazionipost-punk, sartoria destrutturata e provocazioni genderless, le sue passerelle ospitano tutto ciò che è nuovo, audace, e inaspettato. Più che un semplice evento di moda, la London Fashion Week è un vero e proprio laboratorio di sperimentazione, dove la moda si intreccia con l'arte, la cultura e l'attivismo sociale.
Lo sapevi che la London Fashion Week è stata la prima tra le grandi capitali della moda a sfilare in digitale durante la pandemia? Sin dalla sua nascita nel 1984, la LFW ha scelto infatti di differenziarsi: meno formale rispetto a Parigi, più sperimentale di Milano, e decisamente più giovane di New York. È qui che hanno mosso i primi passi stilisti come Alexander McQueen, Stella McCartney e, più di recente, JW Anderson e Simone Rocha.
Se Parigi è sinonimo di haute couture e Milano di eleganza commerciale, Londra è invece l’habitat naturale dell’avanguardia e dei giovani talenti.
Il British Fashion Council , che organizza l’evento, punta da sempre sulla formazione e sulla visibilità dei designer emergenti, rendendo la settimana della moda londinese un trampolino di lancio globale per tantissimi artisti e creativi in erba.
In questo articolo esploreremo le caratteristiche che rendono la London Fashion Week unica: dai nomi storici ai nuovi volti, dalle collezioni più rivoluzionarie ai progetti dedicati all'innovazione e alla sostenibilità.
Identità e stile della London Fashion Week: Westwood e McQueen
La London Fashion Week non è mai stata una passerella convenzionale. Fin dalla sua nascita negli anni ’80, ha incarnato uno spirito di ribellione, creatività pura e critica culturale, ben lontano dalle logiche commerciali più rigide delle altre capitali della moda, come Milano. A definire questa identità unica sono state soprattutto due figure cardine: Alexander McQueen e Vivienne Westwood.

Alexander McQueen (1969-2010), enfant terrible della moda britannica, è diventato famoso per le sue sfilate teatrali e provocatorie, che univano tecnica sartoriale impeccabile a una narrazione emotiva spesso cupa e disturbante.
Ogni collezione era una performance, capace di fondere couture, arte e poesia visiva con temi sociali e politici. Alexander McQueen ha inoltre avuto un legame profondo e istintivo con il mondo della musica, che considerava parte integrante del suo processo creativo. Le sue sfilate erano vere e proprie installazioni multisensoriali, in cui il suono giocava un ruolo importante tanto quanto gli abiti.
Collaborò con artisti visionari come Bjork, per cui disegnò abiti iconici e diresse il video Alarm Call, e scelse spesso colonne sonore originali, cupe o elettroniche, per accompagnare le sue sfilate. Nel leggendario show Plato’s Atlantis (2010), fu il primo a lanciare il brano Bad Romance di Lady Gaga, cementando il legame tra alta moda e cultura pop.
Vivienne Westwood (1941-2022), invece, è stata la pioniera della moda punk, introducendo negli anni ’70 e ’80 uno stile dissidente, ironico e radicale. Le sue creazioni hanno sempre sfidato l’establishment con tagli decostruiti, slogan politici e un’estetica volutamente imperfetta e controcorrente.

Vivienne Westwood è inota in tutto il mondo per aver portato il punk dalla strada alle passerelle, trasformando la moda in un mezzo di ribellione culturale. Negli anni ’70, insieme a Malcolm McLaren, vestì i Sex Pistols e diede vita a un’estetica inedita e originale, fatta di tartan, spille da balia, e capi completamente destrutturati. Il suo stile irriverente ha rivoluzionato il concetto di abbigliamento come forma di protesta e ha reso Londra il cuore pulsante dell'antimoda, in opposizione a realtà storiche come Parigi.
L'eredità di quaesti due artisti ha plasmato la London Fashion Week, diventata uno spazio di sperimentazione permanente, nel quale la moda non è solo estetica, ma anche politica, arte e provocazione. Le passerelle londinesi accolgono collezioni che sfidano le norme di genere, giocando con la performance e destrutturando il concetto stesso di "abito". Lo stile genderless, la fluidità tra maschile e femminile, è ormai una firma distintiva, visibile nel lavoro di designer come Harris Reed e Charles Jeffrey Loverboy. Londra si distingue inoltre per il suo approccio interdisciplinare, in cui moda, arte visiva, musica e attivismo dialogano in modo estremamente proficuo.
La London Fashion Week continua a difendere con orgoglio la sua natura irriverente e sperimentale, offrendo ai creativi di oggi lo spazio per immaginare la moda di domani senza compromessi.
Giovani talenti e scuole di moda
Alla base della creatività esplosiva della London Fashion Week c’è senza dubbio un ecosistema unico che unisce formazione, sperimentazione e sostegno ai nuovi talenti.

Due istituzioni in particolare giocano un ruolo chiave nella creazione dell'identità creativa londinese: la Central Saint Martins, considerata una delle migliori scuole di moda al mondo, e il London College of Fashion, fucina di innovazione e di ricerca.
Da queste accademie sono usciti alcuni dei nomi più influenti della moda contemporanea, come il già citato Alexander McQueen e Phoebe Philo, e ancora oggi rappresentano il primo passo per molti designer emergenti verso le passerelle internazionali.
Tra i volti più interessanti dell’ultima generazione troviamo Matty Bovan, noto per il suo approccio artigianale e caotico, che fonde knitwear, volumi scultorei e riferimenti pop in un’estetica radicalmente personale. Per farsi un'idea del suo stile visionario e onirico, potete ammirare qui sotto un video realizzato per le creazioni autunnali del 2025:
Supriya Lele, invece, esplora l’identità multiculturale e femminile con uno stile intimo e sensuale, ispirato alle sue radici britannico-indiane.
Richard Quinn, infine, è uno stilista ambientalista e amante delle nuove tecnologie: è stato il vincitore del primo Queen Elizabeth II Award for British Design e ha conquistato la scena londinese con i suoi pattern floreali oversize e i suoi show spettacolari in bilico tra tra haute couture e creazioni in latex.

Questi tre talentuosi stilisti incarnano lo spirito contemporaneo di Londra: libero, fluido, e capace di sorprendere a ogni collezione!
Le tendenze dell’avanguardia britannica
La moda britannica non si limita a presentare una notevole tendenza all'innovazione sul piano estetico: il fashion londinese è particolarmente capace di riflettere cambiamenti culturali, politici e ambientali attraverso il suo linguaggio specifico.

Tra le tendenze più significative che emergono dalle ultime edizioni della London Fashion Week c’è l’uso sempre più consapevole di tessuti riciclati e tecniche di upcycling, adottate da designer come Bethany Williams e Priya Ahluwalia, che trasformano scarti tessili in capi carichi di significato sociale.
Questa estetica sostenibile si sposa con un forte impegno etico, che rifiuta la produzione industriale di massa in favore di processi artigianali, locali e trasparenti.
Upcycling significa riutilizzare materiali o capi esistenti trasformandoli in nuovi prodotti di maggiore valore estetico o funzionale, senza passare per il riciclo industriale.
Nella moda, è una pratica creativa e sostenibile che riduce gli sprechi e dà nuova vita a tessuti di scarto, capi vintage o invenduti, trasformandoli in pezzi unici e contemporanei.
Parallelamente, si afferma una nuova frontiera: la digital fashion, ovvero collezioni concepite direttamente per ambienti virtuali, avatar o sfilate in realtà aumentata. Brand emergenti come Auroboros o The Fabricant stanno ridefinendo il concetto stesso di abito, liberandolo dai vincoli della fisicità e aprendo nuove prospettive tra moda e tecnologia.
Infine, una delle espressioni più radicali dell’avanguardia londinese è l’artigianato queer: un’estetica fatta di materiali grezzi, drappeggi imperfetti e tagli sartoriali penssati per superare le stereotipie estetiche del binarismo di genere.

Designer come Harris Reed e Art School celebrano la fluidità di genere e la potenza espressiva del corpo in trasformazione, fondendo una sartoria dallo spiccato gusto teatrale e l'attivismo identitario. In questa nuova visione offerta dalla moda britannica, il fashion può diventare uno spazio sicuro in cui armonizzare politica, arte e creatività in modo profondamente umano e inclusivo.
Cultura urbana e street style
La London Fashion Week non vive solo nelle passerelle ufficiali: pulsa nelle strade, nei club, nei mercati e nei quartieri creativi della città.

La cultura urbana è infatti parte integrante del DNA di questo evento, nutrita da sempre dalle sottoculture storiche come il punk, il goth e il mondo del clubbing, che hanno fatto di Londra un laboratorio sociale oltre che stilistico.
Questa eredità si riflette nello street style più audace e originale d’Europa: libero, istintivo, assolutamente non "patinato". A Londra lo stile nasce dal basso, dalle comunità, spesso prima ancora che dai brand.
Negli ultimi anni, la London Fasshion Week ha dato sempre più spazio a format alternativi: show allestiti in spazi pubblici, stazioni della metro, palazzi abbandonati o cortili di periferia, dove la moda incontra la vita reale.
I fashion film, spesso girati con linguaggi cinematografici o documentaristici, sono diventati una nuova frontiera narrativa, capace di raccontare storie intime, politiche o sperimentali oltre i limiti oggettivi della passerella e della classica sfilata.

In questo scenario urbano e fluido, la London Fashion Week, al pari della Fashion Week di New York, si conferma non solo un evento moda, ma un’espressione culturale a cielo aperto, dove ogni corpo, spazio e movimento può diventare un gesto creativo.
Questo evento continua a distinguersi come un crocevia di creatività radicale, inclusività e sperimentazione: più che una semplice rassegna di moda, la settimana della moda londinese è oggi uno spazio vitale e "caotico" nel quale le idee prendono forma, si contaminano e anticipano il futuro. Che si tratti di nuovi talenti, sottoculture urbane o innovazioni digitali, Londra resta il luogo in cui la moda osa, provoca e racconta il mondo con uno sguardo sempre proiettato nel futuro!









