La rappresentazione delle donne e degli uomini proposte dai media svolgono un ruolo centrale nel produrre ideali, immaginari e pressioni di natura socio-culturale.
Nonostante i progressi sociali e giuridici ottenuti dal movimento femminista nel campo dei diritti civili, in alcuni contesti le rappresentazioni basate sul genere sembrano essere ancora molto pervasive e piuttosto restrittive. Nei media italiani (tv, giornali, cinema, social media) le rappresentazioni delle donne sono ancora oggi piuttosto stereotipate, oggettivanti e sessualizzanti.
Secondo numerosi studi l’esposizione a rappresentazioni di questo tipo sembrerebbe rafforzare le convinzioni sugli stereotipi di genere oltre a favorire il sessismo, le molestie e la violenza degli uomini e a soffocare le ambizioni legate alla carriera nelle donne.
In questo articolo cercheremo di scoprire qual è il ruolo dei media nel rinforzare la diffusione degli stereotipi legati al genere e quali sono gli interventi necessari per poterli contrastare.
Il ruolo della rappresentazione delle donne nei media
I media generalisti in Italia e nel mondo hanno avuto un ruolo molto grande nella perpetuazione di stereotipi correlati al genere. Nel caso della rappresentazione delle donne, infatti, spesso è stata offerta un’immagine estremamente limitante, legate a un’ideale estetico standardizzato o connesse a una visione essenzializzata della donna in quanto madre.

Sono molti gli studi che mettono in luce quanto la società sia influenzata dai mezzi di comunicazione, e anche la Convenzione di Istanbul, un trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica approvato dal Consiglio d'Europa nel 2011, sottolinea come i media abbiano un ruolo centrale nel contrastare la violenza di genere.
L’esposizione delle bambine e dei bambini (e della società in generale) a rappresentazioni oggettivanti e sessualizzanti sembra essere particolarmente dannosa in quanto responsabile del processo di interiorizzazione di modelli culturali sessisti, violenti e stereotipati.
L’esposizione a rappresentazioni oggettivanti del corpo femminile è stata messa in relazione a effetti dannosi sul benessere fisico e psicologico delle donne: disturbi alimentari, maggiore sorveglianza del corpo e una peggiore qualità del benessere psico-fisico in generale.
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Stereotipi di genere nella pubblicità
Ma quali sono i principali stereotipi di genere presenti nel mondo della pubblicità?
Donna e madre
Nel società italiana, e di riflesso nel mondo della comunicazione e della pubblicità, sembra emergere ancora una visione della donna in quanto subordinata all’uomo e relegata unicamente al ruolo di madre e moglie, rappresentata principalmente in un contesto domestico o di accudimento.
Standard di bellezza
Sebbene il mondo della pubblicità abbia fatto alcuni passi in avanti rispetto ai decenni passati in termini di ampliamento dell’immaginario simbolico relativo alla rappresentazione delle donne, il tema dell’oggettivazione e sessualizzazione del corpo femminile rimane ancora un tasto dolente.
Gli spot pubblicitari, i manifesti promozionali e in generale tutto il mondo dell’advertising tende a perpetuare un modello corporeo estremamente standardizzato (magro, slanciato, levigato e privo di cosiddette “imperfezioni”), il quale finisce per contribuire ad alimentare l’idea che esista un corpo ideale e perfetto, escludendo l’infinità varietà di corpi reali, raramente rappresentati in pubblicità.

Su questo punto in particolare si sono concentrate alcune iniziative promosse negli ultimi anni, volte a favorire l’inclusione di modelle di altezza, peso e caratteristiche fisiche divergenti dai canoni prevalenti nel mondo pubblicitario. La strada è però ancora piuttosto lunga prima di arrivare a una rappresentazione dei corpi femminili davvero inclusiva e rappresentativa della realtà.
Sessualizzazione
Da sempre il mondo del marketing si è servito dei corpi delle donne per promuovere i propri prodotti, e ancora più spesso il corpo femminile è stato presentato in una prospettiva “erotica” e inserito in contesti e narrazioni decisamente ammiccanti e connotati sessualmente.
Se da un lato la sessualizzazione pare abbia sempre “pagato” sul piano del riscontro commerciale, essendo dunque stata una strategia comunicativa conveniente, dall’altro sarebbe opportuno che le aziende si rendessero conto di quanto sia deleterio l’immaginario proposto per il superamento degli stereotipi di genere e per l’evoluzione della società in generale.
Femminismo e social media
Le attiviste appartenenti alle ultime ondate del femminismo, nate a partire dagli anni 90, utilizzano la tecnologia e i social media con grande facilità e competenza.

I social media in particolar modo consentono di esprimere il proprio pensiero in modo veloce ed efficace, e per questa ragione sono diventati un potente strumento per il mondo dell’attivismo e per le lotte di giustizia sociale.
Le femministe delle ultime generazioni sono state in prima linea nell’utilizzare i social media (Facebook, Instagram, Twitter, Tik Tok) e le piattaforme web (YouTube, Spotify) per portare avanti le proprie battaglie e per promuovere campagne di sensibilizzazione.
Sicuramente i social media permettono di arrivare a un pubblico molto ampio, e questo significa che le attiviste si trovano a dover affrontare anche il problema dell’odio online e dei meccanismi di disinformazione messi in atto dagli oppositori delle idee del femminismo di stampo progressista.
I social media hanno il potenziale per promuovere il movimento femminista aumentando la consapevolezza delle questioni relative ai diritti delle donne, consentendo una comunicazione diretta e coinvolgente, capace di promuovere le attività delle organizzazioni femministe, fornendo informazioni sulla storia del movimento delle donne e sugli eventi cui partecipare, motivando le persone a diventare sostenitrici o alleate della causa.
Il passaggio dal femminismo tradizionale al femminismo delle ultime ondate è stato estremamente significativo.
Storicamente, il femminismo si è concentrato sui diritti delle donne e sull’uguaglianza di genere attraverso la costante pressione per ottenere cambiamenti legislativi e politici. Le attiviste storiche utilizzarono dunque gli strumenti “classici” dell’attivismo politico: scioperi, proteste, manifestazioni e strategie di lobbying .
Tuttavia, con l’avvento dei social media e della cultura degli influencer, il femminismo moderno ha adottato un approccio più incentrato sull’attivismo online e sul web.
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Le femministe utilizzano le piattaforme online e i social media per diffondere consapevolezza sulla disuguaglianza di genere e per sostenere la lotta alle strutture patriarcali ancora esistenti nella società contemporanea.
Inclusione e contrasto all’odio online
Svolgendo un lavoro di divulgazione costante, commentando le notizie di politica e di cronaca e promuovendo eventi e dibattiti online e dal vivo, le attiviste sui social aiutano le persone a sentirsi coinvolte, soprattutto coloro che, per ragioni geografiche o sociali, non hanno la possibilità di fare parte di organizzazioni e gruppi, perdendo in tal caso la possibilità di partecipare al movimento.

Inoltre, con il numero sempre crescente di oppositori e di odiatori online, le femministe che utilizzano i social media oggi sono in prima linea nella battaglia contro la disinformazione, contro l’allarmismo e soprattutto contro il dilagante odio online: si tratta di un compito a volte ingrato ma utile e importante.
Femminismo, media e battaglie contemporanee
Il femminismo delle prime ondate ha gettato le basi per l’uguaglianza di genere, giungendo a grandi vittorie legali e politiche.
Le attiviste contemporanee si sono adattate ai tempi che cambiano e hanno abbracciato nuovi modi di lottare per i diritti delle donne: in questo senso i social media hanno offerto alle donne una piattaforma per condividere le loro storie ed esperienze, si pensi al movimento MeToo, e per entrare in contatto con persone che la pensano allo stesso modo e organizzare proteste e dar vita a nuovi movimenti e organizzazioni.

Le piattaforme online hanno il potenziale per promuovere il movimento femminista aumentando la consapevolezza sulle questioni relative ai diritti delle donne, consentendo una comunicazione efficiente, fornendo un grande apporto e contributo nell’organizzazione di eventi e manifestazioni, offrendo informazioni sulla storia delle donne.
Il femminismo online, inoltre, si sta dimostrando decisamente più inclusivo e intersezionale rispetto al passato, grazie alla presenza e al coinvolgimenti di voci sempre nuove appartenenti a contesti sempre più vari.
Riconoscere l’intersezione tra razza, genere, classe e tutti gli altri fattori che influenzano le esperienze delle donne è fondamentale nell’attivismo contemporaneo: tutte le voci ricevono potere l’una dall’altra, creando un movimento davvero rappresentativo e inclusivo.
Ovviamente le battaglie contro la violenza di genere, gli stereotipi di genere e contro la misoginia vengono spesso contrastate online, e questo aspetto rappresenta attualmente uno dei punti di debolezza dell’attivismo online, ma non bisogna lasciarsi scoraggiare.
Promuovendo il femminismo sulle piattaforme dei social media attraverso umorismo, campagne informative e messaggi positivi, le attiviste sui social hanno cambiato la narrazione prevalente, spesso riuscendo a sconfiggere odio e bullismo .
La sfida dell’attivismo contemporaneo è dunque quella di tramutare, attraverso un linguaggio adatto e capace di includere tutte e tutti, l’odio in possibilità di educazione, apprendimento e informazione corretta.
Carlotta Vagnoli, Giulia Biasi, Irene Facheris, Aya Mohamed sono alcuni esempi delle voci influenti nel movimento femminista contemporaneo italiano: donne dalle grandi capacità comunicative, il cui lavoro costante ha ispirato e continua a ispirare tante giovani donne a combattere e a lottare per i propri diritti. Continuando a utilizzare i social media come strumento di cambiamento, queste attiviste stanno creando un futuro migliore per la nuova era del movimento femminista.









