Italo Svevo (pseudonimo letterario di Aron Hector Schmitz) è stato uno scrittore, romanziere e drammaturgo italiano del XX secolo. Svevo è considerato un pioniere del romanzo psicologico in Italia ed è conosciuto universalmente per il suo romanzo modernista La coscienza di Zeno (1923), divenuto nel tempo un classico della letteratura italiana.
Svevo, insieme a Luigi Pirandello, è considerato una figura di spicco della letteratura italiana del primo Novecento e ha avuto un'influenza indelebile sulle successive generazioni di scrittori del nostro paese. Svevo è oggi considerato come uno dei più importanti scrittori italiani, sebbene non abbia ricevuto grandi riconoscimenti nel corso della sua vita.
In questo articolo scopriremo insieme gli eventi più importanti della vita di Svevo e la sua opera principale, La coscienza di Zeno.
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La vita di Italo Svevo
Aron Hector Schmitz, in arte Italo Svevo, nacque a Trieste nel 1861. Figlio di un mercante di cristalleria ebreo-tedesco e di madre italiana, a 12 anni fu mandato in un collegio vicino a Würzburg, in Germania.

In seguito tornò in una scuola commerciale a Trieste, ma le difficoltà lavorative del padre lo costrinsero a lasciare la scuola e diventare impiegato di banca. Il ragazzo continuò a studiare e a leggere in autonomia, e iniziò a scrivere.
Il primo romanzo di Svevo, Una vita, fu pubblicato nel 1892 e fu assolutamente rivoluzionario con il suo stile analitico e introspettivo, capace di raccontare in modo preciso e puntuale le agonie di un eroe a tutti gli effetti fallimentare, tema che Svevo riprenderà anche nelle opere successive.
Opera potente ma a tratti acerba, Una vita fu praticamente ignorata al momento della sua pubblicazione. Stessa sorte toccò a Senilità, il romanzo successivo, che Svevo pubblicò nel 1898: anche in quest’opera troviamo la storia di un eroe “fallito”, che tuttavia non suscitò alcun interesse presso il pubblico.
Svevo al tempo lavorava come insegnante in una scuola commerciale e, con il fallimento commerciale di Senilità, decise di abbandonare la scrittura, dedicandosi completamente agli affari del suocero.
Per ironia della sorte la gestione degli affari richiedeva a Italo Svevo di visitare frequentemente l'Inghilterra; un momento decisivo nella sua vita arrivò dunque quando lo scrittore, nel 1907, assunse un giovane James Joyce come suo insegnante di inglese a Trieste.

I due uomini divennero amici intimi e Joyce lasciò che Svevo leggesse alcune parti dei suoi Dubliners, ancora inediti al tempo: Svevo decise allora di finanziare la pubblicazione dell’opera del giovane amico.
L'enorme ammirazione di Joyce per le opere dell’amico, insieme ad altri fattori, incoraggiò Svevo a tornare a scrivere quello che sarebbe divenuto il suo romanzo più famoso, La coscienza di Zeno (1923), un'opera brillante e originale, che diventerà uno dei più celebri romanzi italiano del XX secolo.
Svevo autofinanziò il romanzo, come già aveva fatto per le sue opere precedenti, e purtroppo anche questo libro fu un fallimento commerciale, finché, qualche anno dopo, il suo amico Joyce affidò l'opera a due critici francesi, Valéry Larbaud e Benjamin Cremieux, i quali lo pubblicizzarono e lo resero famoso.
In Italia la sua reputazione crebbe molto più lentamente, anche se il poeta Eugenio Montale ne scrisse un saggio elogiativo nel 1925.
Mentre lavorava al sequel de La coscienza di Zeno, Svevo rimase tragicamente ucciso in un incidente automobilistico nel 1928.
Tra le opere pubblicate postume ci sono alcune raccolte di racconti, una serie di saggi inediti e alcuni racconti sparsi. Negli anni ’60 fu inoltre pubblicata la corrispondenza tra Italo Svevo ed Eugenio Montale.
Se ti interessano invece gli albori della letteratura italiana, dai un'occhiata ai nostri articoli sull'opera di Ariosto e di Torquato Tasso.
La coscienza di Zeno
La coscienza di Zeno è senza dubbio il romanzo più celebre di Italo Svevo, nel quale l’autore presenta la storia di Zeno Cosini attraverso il racconto compiuto dallo stesso protagonista su invito del proprio psichiatra.
La coscienza di Zeno è narrato in prima persona, ed è interamente incentrato sui pensieri e sui sentimenti del protagonista. Zeno racconta della sua relazione con il padre, dei suoi affari, del rapporto con sua moglie e del suo vizio, il tabacco. Il protagonista è tuttavia presentato sin dal principio come un narratore inaffidabile: nella primissima pagina il suo medico, che nella finzione letteraria è il responsabile della pubblicazione del diario, afferma che la narrazione è caratterizzata da verità e da bugie. L'insistenza sui vizi e sulle debolezze richiama la grande tradizione inaugurata da Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio e proseguita sino a Svevo, passando per Alessandro Manzoni.
Struttura e trama dell’opera

Il romanzo si presenta come un diario scritto dal protagonista dell’opera, Zeno, e pubblicato dal suo medico, uno psichiatra che afferma di aver chiesto al paziente di scrivere la propria autobiografia per progredire nel suo percorso psicanalitico. Il dottore avrebbe poi deciso di pubblicare il diario come vendetta, poiché Zeno avrebbe interrotto le sedute con lui.
Il diario non segue un ordine cronologico, ma è suddiviso in capitoli , ciascuno dedicato a un tema specifico (la dipendenza dal tabacco, la morte del padre, la storia del suo matrimonio). Solo l'ultimo capitolo presenta una struttura propriamente diaristica.
Zeno scrive prima della sua dipendenza dalle sigarette e cita le prime volte che ha fumato. A vent'anni contrae una brutta febbre e il suo medico gli dice che per guarire deve astenersi dal fumare.
Zeno decide quindi di fumare la sua "ultima sigaretta", che ultima però non sarà: l’uomo tenta di smettere ma ogni volta l’ultima sigaretta non riesce mai ad essere davvero l'ultima. Zeno si rivolge ai dottori e chiede agli amici di aiutarlo, ma senza successo. L'argomento, per quanto serio e difficile, è spesso trattato in modo umoristico.
Quando Zeno raggiunge i trent'anni, la salute del padre comincia a peggiorare, e i due per forza di cose si riavvicinano: Zeno è però molto diverso dal padre, che è un uomo serioso, mentre a Zeno piace moltissimo scherzare. Il padre, proprio come suo figlio, ha paura della morte ed è in grande difficoltà per la stesura del suo testamento. Una notte le condizioni dell’uomo si aggravano, ma grazie all’intervento del dottore la situazione non degenera. Nei giorni successivi il padre riesce ad alzarsi e riacquista un po' di forza, ma è irrequieto. Una notte, mentre suo padre cerca di alzarsi dal letto, Zeno gli impedisce di muoversi, eseguendo le indicazioni date dal medico, ma il padre infuriato si alza e schiaffeggia accidentalmente Zeno prima di morire. Questo episodio perseguiterà Zeno fino alla vecchiaia: l’uomo si interrogherà sempre sul gesto, non capendo se si sia trattato di una “punizione” finale del padre o di un puro caso.
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Il testo procede con la narrazione del rapporto con la moglie. Zeno inizia a conoscere il mondo degli affari incontra il suo futuro suocero,un uomo d'affari intelligente e di successo, che Zeno ammira molto. Zeno conosce le sue figlie e decide di corteggiarne una, Ada. Presto però incontra il suo rivale in l'amore, Guido, il quale parla perfettamente il toscano (mentre Zeno parla il dialetto triestino), è bello e ha una folta capigliatura (rispetto alla testa calva di Zeno). Una sera, mentre Guido e Zeno si trovano entrambi presso la casa della ragazza, Zeno si propone ad Ada ma lei lo rifiuta per Guido.
Zeno si proporrà anche alla sorella Alberta, che non è interessata a sposarsi, e anche da lei viene rifiutato. Alla fine Zeno come ripiego si propone ad Augusta, che però lo accetta, perché lo ama.
I due si sposano inizia a rendersi conto che può amare Augusta, e questo lo sorprende poiché il suo amore per lei non sembra diminuire. Nonostante questo Zeno incontra Carla, un’aspirante cantante, con la quale inizia una relazione. L'affetto di Zeno sia per Augusta che per Carla aumenta: un giorno, però, Carla esprime il desiderio di vedere Augusta. Zeno inganna Carla, mostrandole Ada al posto di Augusta. Carla, colpita dalla tristezza e dalla bellezza della donna, interrompe la relazione.
Zeno prosegue raccontando il sodalizio d'affari tra lui e Guido. I due avviano insieme un'attività mercantile a Trieste e assumono due operai di nome Luciano e Carmen, la quale diventerà l'amante di Guido. Per svariate ragioni l’azienda va male, così come il matrimonio di Guido e Ada. La salute e la bellezza di quest’ultima iniziano a sfiorire a causa di un morbo.
Guido finge un tentativo di suicidio per ottenere la compassione di Ada e lei chiede a Zeno di salvare l'azienda in fallimento. Guido inizia a giocare in Borsa, perdendo ancora più soldi. Guido tenta un altro suicidio per ottenere la compassione di Ada, ma, non venendo creduto dal suo medico e da sua moglie, e muore. Poco dopo Zeno perde il funerale di Guido perché lui stesso scommette i soldi di Guido in borsa e recupera i tre quarti delle perdite.
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Zeno descrive poi la sua vita durante la Grande Guerra. I suoi figli sono cresciuti, Zeno trascorre il suo tempo andando dai medici, cercando una cura per la sua malattia immaginaria, ma nessun medico è in grado di curarlo.
Quando lo scoppio della guerra trasforma la sua città in una zona di guerra e Zeno viene separato dalla moglie e bambini. Costretto a tornare a Trieste da solo, verrà a sapere che Augusta ei bambini hanno raggiunto Torino sani e salvi.
L'ultima pagina di diario risale al marzo 1916, dopo che Zeno, solo in una Trieste afflitta dalla guerra, si è arricchito speculando e accumulando, anche se il denaro non lo ha reso felice o soddisfatto. Si rende conto che la vita assomiglia alla malattia, perché ha progressi e battute d'arresto e finisce sempre con la morte.
Il progresso umano ha dato all'umanità non corpi più capaci, ma armi che possono essere vendute, comprate, o rubate per prolungare la vita. Questa deviazione dalla selezione naturale provoca più malattie e debolezza negli esseri umani, secondo Zeno, il quale immagina un tempo in cui una persona inventerà una nuova, potente arma di distruzione di massa, proprio come la moderna bomba atomica, che all'epoca non era ancora stata inventata, e un'altra la ruberà e distruggerà il mondo, liberandolo dalla malattia.
Il pessimismo di Svevo ricorda per certi versi le poesie di Giacomo Leopardi e i futuri romanzi di Elsa Morante, entrambi autori di opere caratterizzate da una visione tragica dell'esistenza.









