Il 2 giugno 1946 è stata una data storica per l'Italia. Non solo nasceva la Repubblica, ma si votava per l'elezione dell'Assemblea costituente. Tecnicamente non fu la prima volta che si concedeva il diritto di voto alle donne, ma l'importanza istituzionale e politica, rendono il referendum del 2 giugno un simbolo dell'emancipazione femminile in Italia.

Il senso della Festa della Repubblica è anche questo!

Il suffragio universale, maschile e femminile, è stata una grande conquista per un paese che usciva fuori da un regime dittatoriale e dalla seconda guerra mondiale.

Vediamo con delle rapide lezioni di storia come si è arrivati al voto alle donne e cosa ha significato per l'emancipazione della donna in Italia.

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Elezioni amministrative e referendum 1946: le donne al voto

Per la prima volta dall'Unità d'Italia le donne avevano il diritto non solo di votare ma anche di essere elette e dire la loro sul futuro della Costituzione e sui diritti.
Al referendum del 2 giugno la maggioranza dei votanti erano donne!

La prima volta che le donne italiane poterono votare ed essere elette fu durante le elezioni amministrative a partire dal 10 marzo 1946.

A primavera si votò per i sindaci di oltre 5.700 comuni, in autunno dello stesso anno ci furono le votazioni per oltre 1.380 municipalità.

La partecipazione alle urne fu massiccia perché l'89% degli aventi diritto al voto partecipò. Di questi la maggioranza era rappresentata dalle donne: il 53% dei votanti, quasi 12,9 milioni di donne e 11,9 milioni di uomini.

Negli anni precedenti, non era stato possibile esercitare il diritto al voto per via della seconda guerra mondiale (1940-1945 per l'Italia), ma anche per la cancellazione di fatto del diritto di voto imposto dal regime fascista a partire dal 1928. Gli elettori potevano soltanto approvare o rifiutare un elenco di deputati imposto dal regime.

Le donne poterono eleggere i propri rappresentati e per la prima volta nella storia dell'Italia unita furono elette 6 sindache.

Il referendum del 2 giugno del 1946 fu la seconda volta che le donne italiane poterono esprimere la propria volontà politica. In questo caso bisognava scegliere tra Repubblica e Monarchia e votare per i partiti che avrebbero composto l'Assemblea costituente, incaricata di dare una nuova costituzione allo stato italiano.

Si presentarono 226 candidate e ne furono elette 21 nei seguenti partiti:

  • 9 con la Democrazia cristiana
  • 9 con il Partito comunista
  • 2 con il Partito socialista
  • 1 con l'Uomo qualunque

Cinque delle donne elette entrarono nella Commissione dei 75 membri dell'Assemblea costituente incaricati di redigere gli articoli della Costituzione.

Il suffragio universale maschile e femminile era stato deciso il 30 gennaio 1945 dal Consiglio dei Ministri quando ancora la guerra non era finita e il Nord Italia ancora non era stato liberato dal nazifascismo.

Questo decreto fu poi integrato da un decreto di marzo che diceva in maniera chiara che le donne non solo potevano eleggere ma potevano anche essere elette.

Come si arrivò al voto delle donne in Italia?

Breve storia del suffragio femminile in Italia

Il movimento delle suffragette nacque formalmente nel Regno Unito nel 1869, ma presto si diffuse anche in Italia grazie al lavoro delle associazioni femminili.
Le lotte per il diritto al voto furono fatte di manifestazioni, scioperi delle fame e ribellioni.

I corsi di storia italiana ne parlano troppo poco: in epoca contemporanea, la storia del suffragio femminile in Italia e in Europa, è figlia della Rivoluzione francese e della ricerca di libertà, uguaglianza, fratellanza.

Alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 a Parigi aveva risposto Olympe de Gouges che scrisse la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina nel 1791.

Alla fine, il diritto di voto fu garantito solo agli uomini e Olympe de Gouges fu condannata alla ghigliottina nel 1793 per le sue critiche a Robespierre. Le donne, però, non abbandonarono la lotta per i propri diritti portando alla nascita del movimento delle suffragette, come venivano chiamate le donne nel Regno Unito che lottavano per il suffragio universale.

Nel 1869 fu fondato il movimento delle suffragette nel Regno Unito ma fu riconosciuto ne 1897. L'attivista Emily Pankhurst divenne il simbolo della lotta per il voto alle donne agli inizi del '900.

Nel 1893 la Nuova Zelanda concesse il diritto al voto alle donne. Seguirono l'Australia nel 1901, la Finlandia nel 1906 e la Norvegia nel 1907.

In Italia le idee del movimento delle suffragette furono raccolte da diverse associazioni femminili. Nel 1899 a Milano, nacque l'Unione femminile, i cui membri erano donne e associazioni di donne lavoratrici e in lotta per il diritto di voto e l'uguaglianza.

Come ricorda un articolo di Io Donna e come puoi apprendere durante lezioni di storia online, all'epoca per qualunque atto giuridico le donne avevano bisogno dell'autorizzazione maschile, anche per fondare un'associazione di donne.

Nel 1902 l'Unione femminile lottò a fianco alle piscinine, bambine costrette a turni massacranti come apprendiste sarte e modiste. Nel 1906 divenne un movimento nazionale e partecipò attivamente alla difesa della donna durante le due guerre mondiali e la Resistenza. Il suo lavorò proseguì nella lotta per la protezione dei diritti delle donne e dei bambini.

Prima dell'Unità d'Italia, alle donne era stata data la possibilità di votare alle amministrative del Gran ducato di toscana e nei territori sotto il dominio austriaco.

Quando fu dichiarata l'unità d'Italia, lo Statuto Albertino che reggeva il Regno dei Savoia, fu applicato a tutta la penisola.

Secondo l'art. 24 dello Statuto "tutti i cittadini godono egualmente i diritti civili e politici". Alle donne però, di fatto veniva negato il diritto di voto.

Dopo la prima guerra mondiale (1914-1918) il diritto di voto fu concesso in diversi paesi europei per il ruolo svolto dalle donne nelle fabbriche e a supporto dei feriti e in generale nella società in assenza degli uomini.

Nel 1918 il Regno Unito estese il voto ad alcune categorie di donne sopra i 30 anni, mentre nel 1928 si arrivò al suffragio universale femminile. La Germania lo introdusse nel 1919, gli Stati Uniti nel 1920.

In Italia, come in Francia, non fu così e l'avvento del fascismo fece indietreggiare la condizione della donna, relegata sempre più al focolare domestico. Nel 1928 i diritti politici furono tolti a tutti i cittadini, usando i plebisciti al posto delle elezioni.

Fu con la seconda guerra mondiale che si ripresentò la triste opportunità per le donne di mostrare quanto il loro contributo era fondamentale in ogni aspetto dell'economia e della vita del paese mentre gli uomini attivi erano impegnati in guerra.

Il ruolo delle donne: dalla Resistenza al 2 giugno 1946

Fin dai Gruppi di difesa della donna nati come forma di Resistenza le donne immaginavano per l'Italia un futuro di libertà ed emancipazione, a partire dal diritto di voto.
La Resistenza delle donne legava la lotta la nazifascismo al diritto di voto e uguaglianza.

Anche durante la seconda guerra mondiale fu determinante l'assenza della manodopera maschile. Le donne occuparono i loro posti nelle fabbriche, continuarono a lavorare da sole nelle campagne e mandare avanti l'economia familiare.

Quando iniziò la Resistenza con la nascita del Comitato di liberazione nazionale, CLN, il 9 settembre 1943, le donne presero parte attiva al processo di lotta al nazifascismo.

Nel 1943 nacquero i Gruppi di difesa della donna, GDD, per sostenere e organizzare le donne nella difesa dei propri diritti inquadrandola nella lotta di liberazione dell'Italia. Il lavoro fu quello di informazione, solidarietà alle famiglie, manifestazione e scioperi nelle fabbriche.

Dai GDD nasceranno nel dopoguerra associazioni femminili e femministe ed esperienze di lotta politica.

Le donne furono anche partigiane armate, non senza discriminazioni, in ruoli di comando o staffette che percorrevano km a piedi o in bicicletta per portare messaggi, armi, approvvigionamenti ai membri della Resistenza armata.

Al termine della guerra, sembrava che la donna fosse costretta a tornare al suo posto in casa, e a guardare da spettatrice e non da protagonista le celebrazioni per la liberazione dell'Italia, commemorando la data del 25 aprile 1945.

In realtà, l'esperienza della Resistenza e la partecipazione al CLN, ebbe un'influenza sul Consiglio dei Ministri che approvò il diritto di voto alle donne nel gennaio 1945. Inizialmente, il governo di Ivanoe Bonomi approvò solo il diritto di eleggere per le donne sopra i 25 anni, eccetto le prostitute.

Il 10 marzo 1946 il decreto fu corretto, garantendo a tutte le donne la possibilità di eleggere ed essere elette.

Già con le elezioni amministrative del marzo 1946, quindi, le donne avevano cominciato ad esercitare il diritto di voto. Con il referendum del 2 giugno 1946 facevano un passo avanti perché per la prima volta avevano la possibilità di entrare in Parlamento.

Fu storica l'elezione di 21 deputate che avrebbero far parte dei 75 membri dell'Assemblea costituente; di queste 5 donne avrebbero partecipato ai lavori della commissione che lavorava al progetto costituzionale.

Fu grazie al contributo delle deputate che fu sancito nell'articolo 3 della Costituzione italiana l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.

La parità di genere però era un traguardo da conquistare di fatto e nonostante i grandi miglioramenti nella condizione femminile in Italia, lo è ancora oggi.

Negli anni '60 e '70 le donne allargarono la lotta per i diritti alla sfera familiare, con il divorzio, le scelte che riguardano il proprio corpo, la possibilità di riconoscere i figli nati fuori dal matrimonio.

Negli anni '90 le donne entrarono in polizia e nelle forze dell'ordine. Nel 2013 nacque una legge per tutelare le donne dallo stalking e dalla violenza domestica.

Parità di genere in Italia oggi

Oggi la lotta per la parità di genere non si basa sul diritto di voto, ma sulla parità salariale e sulla parità di contributo al lavoro domestico tra uomini e donne.
La parità di genere ancora non è stata raggiunta in alcuni ambiti.

Secondo il Gender Equality Index degli ultimi anni, l'Italia si attesta intorno al 14° posto in Europa per parità di genere (Eige, dati 2021).

Analizzando gli indicatori si capisce che in alcune aree, come l'accesso alla salute, la condizione delle donne è praticamente paritaria, ma anche che c'è molto da fare in altre aree, come il lavoro.

Anche dal punto di vista dei diritti politici si è lontani dalla parità di genere. Rispetto alle 21 deputate elette nel 1946, oggi l'Italia può contare sul 30% di parlamentari donne; il che è gran miglioramento rispetto al passato, ma tiene l'Italia ancora al di sotto della media europea del 39,3% (dati Europarlamento 2021).

Nessuna, dalla proclamazione della Repubblica ha ancora raggiunto la posizione di Presidente del Consiglio o della Repubblica, per esempio.

Le differenze maggiori tra uomo e donna si registrano sul lavoro: le donne continuano a lavorare più degli uomini in casa e nella cura della famiglia. Sul posto di lavoro, però, hanno salari del 14% inferiori rispetto a quelli degli uomini.

Lo storico referendum del 2 giugno 1946 non rappresentò la prima votazione per le donne in Italia, che già si erano espresse nelle amministrative di marzo dello stesso anno.

La sua portata, però, fu quella di raccogliere il frutto della consapevolezza acquisita dalle donne durante il protagonismo assunto nella resistenza armata, civile e politica.

Il diritto di voto fu un primo passo concreto per riconoscere il ruolo egualitario delle donne rispetto agli uomini nella vita politica e in ogni ambito.

La lotta per l'uguaglianza di genere è ancora aperta.

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Catia Dos Santos

Traduttrice e scrittrice con una passione per le lingue