I ragazzi vanno meglio delle ragazze in matematica? Perché le femmine intraprendono meno studi scientifici rispetto ai maschi?
Ancora oggi riecheggia questa domanda, una visione ancorata alla mente di molti e che fa fatica ad andarsene.
Secondo questo luogo comune, pare che le donne siano sprovviste di mentalità pratica e di senso logico rispetto alla controparte maschile, che invece avrebbe il famoso "bernoccolo della matematica".
Un recente studio dell'Université de Provence Aix-Marseille, in Francia, dimostra che le donne hanno più problemi nelle discipline scientifiche, perché in queste sono convinte di essere meno brillanti degli uomini.
Siamo di fronte a una discorso sessista? Prima di cominciare ad insegnare la matematica ai bambini, Superprof ha voluto scoprirlo per te.
La situazione attuale
In Italia
Sebbene a scuola le ragazze prendano generalmente voti migliori dei maschi, lo stesso non vale per la scienza dei numeri, dove le studentesse si sentono maggiormente in difficoltà.
Secondo un indagine di OpinionWay, al liceo ragazzi e ragazze sono ancora quasi alla pari nell'intraprendere studi scientifici, col 51% dei maschi e il 49% delle femmine. Il divario scatta dopo. All'università, solo il 32% delle donne si iscrive a facoltà scientifiche, contro il 68% degli uomini. Una distanza che non fa che aumentare col dottorato.
Volete scoprire come seguire al meglio lezioni di matematica?
Negli Stati Uniti
Uno studio americano pubblicato sulla rivista Science rivela che al contrario di quanto si pensa, la capacità nel fare matematica non dipende in alcuno modo dal sesso.
Tuttavia, nei genitori e negli insegnanti di elementari e medie persiste l'idea che la matematica sia una roba da maschi e le materie letterarie siano da femmine.

Quest'affermazione non è assolutamente basata su fatti scientifici provati, ma è un pregiudizio che non può nè spiegare nè giustificare la sottorappresentazione del gentil sesso nelle facoltà d'ingegneria o in altri studi scientifici.
Lo studio esamina i risultati ottenuti da circa 7 milioni di allievi in 10 stati degli USA a seguito delle valutazioni che vengono effettuate ogni anno in tutto il paese.
Il verdetto è chiaro: nelle lezioni di matematica non esiste quasi nessuna differenza tra maschi e femmine, sia alle elementari che al liceo, a 7 anni come a 18, da ovunque si provenga.
Dunque, dobbiamo ancora associare il bernoccolo della matematica ai ragazzi e l'istinto letterario alle ragazze?
La matematica, una questione di cultura
Il sesso della matematica
Una prima constatazione (edificante, direbbero alcuni) mostra che le scelte di carriera degli studenti conferma la distinzione tra ragazze orientate verso studi letterari e ragazzi che sarebbero già scienziati in erba.
Basta osservare i dati ufficiali: le ragazze sono molto numerose nel settore letterario e dei servizi, nelle professioni paramediche e sociali, nonché nel campo dell'insegnamento.
Dall'altra parte, i ragazzi sono sovrarappresentati nei settori scientifici e industriali.
Cervello rosa o cervello blu?
Malgrado queste differenze, bisogna sottolineare che le ragazze ottengono generalmente voti scolastici migliori dei ragazzi.
Sin dall'inizio, maschi e femmine intrattengono una relazione diversa con la matematica: sin dalle elementari, a parità di competenze iniziali, le ragazze emergono subito in lingua italiana e i ragazzi progrediscono più velocemente in matematica.

Al liceo le differenze di performance diventano ancora più marcate.
Come spiegare questo mistero? Come interpretare questa diffidenza delle ragazze verso la matematica? Hanno davvero paura della materia?
Risalire all'infanzia
In Francia, i ricercatori Isabelle Régner e Pascal Huguet hanno esaminato la questione, partendo dal principio di base che la reputazione di cui soffre il gentil sesso in matematica abbia un reale impatto sull'apprendimento da bambini e sui risultati scolastici.
Negli Stati Uniti, un rinomato psicologo e professore all'Università di Stanford, Claude Steele, si è chiesto perché nei test d'ammissione le donne ottengono risultati di matematica inferiori ai loro omologhi uomini.
Steele ha riprodotto il test in laboratorio, affermando che se lo si presenta in modo neutro, maschi e femmine si dimostrano ugualmente performanti.
Tuttavia, le donne hanno una rappresentazione sociale negativa della matematica. Si convincono di non essere in grado di capirla e che non serva a nulla fare un corso.
Una nuova esperienza
Ispirandosi allo studio americano e ai suoi risultati, i due ricercatori francesi Régner e Huguet hanno dunque voluto esaminare dei casi pratici.
Davanti a centinaia di allievi di 11-12 anni e di entrambi i sessi, hanno creato due gruppi: uno per un test di geometria e uno per un test di disegno.
Risultato: le ragazze del gruppo "geometria" hanno fatto un punteggio inferiore a quello dei ragazzi; al contrario, nel gruppo "disegno" il risultato era ribaltato a favore delle allieve.
Concludendo, si può dire che la sola idea di dover attivare delle competenze in matematica destabilizzi le ragazze.
Queste temono, inconsciamente, di confrontarsi con degli stereotipi veicolati dalla società in materia.
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Una causa culturale e familiare
In realtà, deriva tutto dalla nostra infanzia: l'educazione si articola diversamente in un bambino o in una bambina già dai primi anni di vita. Per questo l'educazione ha un peso centrale nell'orientare il futuro di una persona.
I maschi giocano sin da piccoli con i giochi di costruzioni e fanno giochi di squadra che rinforzano la loro capacità di orientarsi nello spazio. Invece, le bambine sono reputate più idonee a giocare in casa, dove possono riprodurre i ruoli sociali tradizionali (giocare a fare la mamma, giocare con le bambole, ecc.) permettendo loro di sviluppare prima le capacità nel linguaggio.

Anche se le capacità degli uni e degli altri tendono a ridursi nel tempo, questo fenomeno può costituire una spiegazione della differenza sociale che si crea in seguito, e dunque delle differenze nelle scelte scolastiche e professionali.
Le cose possono cambiare?
Le cose possono cambiare? O meglio, dovrebbero cambiare?
La risposta è senza dubbio sì.
Le donne non sono affatto condannate a professioni meno valorizzate.
Come fare a cambiare rotta? Bisogna che bambini e bambine sappiano sin da piccoli che una parte delle lore scelte e dei loro gusti dipende dalla loro educazione e dalla riproduzione di uno schema familiare, ma che in tema di scelte scolastiche e professionali sta a loro decidere.
Non esiste alcun destino.
Una donna può diventare medico, avvocato, ricercatrice o astronoma, mentre un uomo può orientarsi verso un mestiere letterario o sociale come l'editore o l'insegnante per bambini.
Per cambiare la situazione nel profondo, bisogna però che il lavoro sia effettuato a monte, nell'ambiente familiare.
Se i bambini vedono che i genitori si ripartiscono meglio le varie faccende domestiche, se vedono che questi non si fanno problemi a mettere le mani in pasta in un'attività "che normalmente non sarebbe fatta per loro", diventerà evidente e normale che non esiste alcun destino nella distribuzione dei ruoli e nel modo di fare questa o quella cosa.
Per tornare alla matematica, i maschi sono più bravi delle femmine? La risposta è no.
Se le donne imparano da piccole che possono benissimo fare la matematica e che hanno i mezzi per raggiungere professioni scientifiche, allora non esistono più i bravi e i non bravi.

Ragazzi e ragazze possono avere ugual successo in matematica, basta imparare a motivarsi, a concentrarsi, a dare tutto ciò che si può per riuscirci. Bisogna anche leggere libri di matematica e circondarsi di insegnanti competenti.
Le ragazze vanno generalmente meglio a scuola, considerando l'insieme delle discipline. Questo perché sono più brave a impegnarsi e a concentrarsi.
La matematica non fa eccezione: i voti scolastici dei maschi non sono sempre superiori a quelli delle femmine.
I ragazzi sono forse più bravi in geometria perché hanno più facilità a orientarsi nello spazio, ma le ragazze hanno un'intelligenza più pragmatica e, ad esempio, se la cavano bene in algebra.
Nulla è definitivo, nulla è immutabile.
Una cosa é certa: i bambini preferiscono imparare la matematica a casa, e attraverso delle applicazioni concrete nel loro quotidiano!
La matematica serve anche a provare che tutto è possibile. Quindi, ragazzi e ragazze, date tutto il meglio di voi per avere successo in questa materia, lavorate duramente e costantemente, e vedrete che le porte degli studi e dei mestieri scientifici si apriranno davanti a voi.
Sono una matematica, e così forse non molto obbiettiva in quello che sto per scrivere. Negli anni ‘80, il corso di laurea in Matematica a Milano era una specie di convento femminile: eravamo in maggioranza strepitosa, tipo sette studentesse per ogni studente. Ricordo, e la cosa valeva di sicuro per me, che le ragazze più spesso che no si concepivano come “sopravvivitrici compulsive ai corsi”, più che come “matematiche”. Ci identificavamo di meno con l’oggetto dei nostri studi, e nelle conversazioni parlavamo più spesso dei ragazzi di altre cose, che di temi matematici in matematichese. Quanto ai risultati, c’era un’ampia sovrapposizione, forse con un piccolo vantaggio nostro, correlato forse ad un atteggiamento più distaccato e utilitaristico, ma meno di sfida (che alcuni dei ragazzi tenevano). Io alla fine ero uscita non malaccio, con 100/110, nella media delle ragazze, forse un paio di punti sopra. Ricordo che in molte erano uscite con punteggi superiori al mio. 100/110, per i ragazzi sarebbero stati “tanti”. Una volta fuori da là, nessuna delle ragazze si è mai sognata di “definirsi” una matematica (parola che con la a finale in effetti ha più una connotazione di aggettivo attributivo, piuttosto che qualificativo). Credo che questo atteggiamento abbia contribuito molto a renderci invisibili anche se, allora, molto più numerose.
Racconto un aneddoto. Un paio d’anni fa, mentre spolveravo, mi sono imbattuta in un mio quaderno di appunti, direi di combinatoria dal contenuto: uno dei due sopravvissuti… Tutti gli altri, ehm, li avevo prestati, e non li ho mai più richiesti indietro: li ho perduti quasi tutti! Mi ricordo che erano molto ambiti: scrivevo in piccolo, con una grafia facile da leggere. Però ero molto conscia dei miei limiti . E così, a chi me li chiedeva, rispondevo con un “Guarda, io non ho capito un tubo, figurati se ho scritto qualcosa di sensato: lascia perdere!” Poi, alle insistenze reiterate, cedevo con un “Se proprio ci tieni… poi però non dirmi che non ti avevo avvisata/o” Convintissima, io per prima, che fosse meglio non leggerli.
E così mi sono stupita moltissimo nel constatare che i sopravvissuti di senso ne avevano! La mia ricostruzione dei fatti è stata che in effetti non capivo quasi un tubo, o molto meno di quanto avrei desiderato, ma grazie alle dimensioni dei caratteri ero velocissima, e registravo più o meno tutto quello che diceva l’insegnante. Quindi sarebbe stata durissima scrivere cose troppo sbagliate (completezza di informazione: uno dei miei soprannomi era “Plotter” ♀️).
Chissà, magari a qualcunə i miei appunti sono serviti. Almeno quello!
Una domanda interessante potrebbe essere: se le ragazze erano così tante “da piccole”, poi che fine hanno fatto? La mia impressione è che si siano occupate di molte cose sorprendenti, e pratiche. La maggior parte come prof alle medie ed al liceo. Molte nelle software house ad occuparsi di cose amministrative. Qualcuna (era capitato a me, ma non ero la sola) nell’automazione industriale. Una, climatologa alla NOAA. Un’altra, commissaria nella Polizia di Stato (!). La maggior parte delle persone loro colleghe di lavoro neanche lo sa, che si sono laureate in Matematica. E spesso, cambiano pelle per strada. È accaduto anche a me: avevo iniziato con l’automazione, ero arrivata alle soglie della dirigenza, e un nanosecondo prima di arrivarci il capo delle risorse umane mi aveva convocata, informandomi che la direzione del mio gruppo sarebbe passata ad uno nuovo, che il mio stile di direzione era “troppo materno” (?), che però avrei continuato dov’ero, “supportando il nuovo capo stando nell’ombra come deve fare una moglie col marito” (♀️). Storia, negli anni ‘90, in realtà molto comune. Me ne andai, qualche anno dopo, approdando alla fisica della bassa atmosfera, laddove il caso mi aveva accolta. Bene o male sono sopravvissuta anche a quello, ed ho persino una vita professionale produttiva in questo campo.
La mia, comunque, è una storia come tantissime. Comune. Problema: ai cuccioli una cosa del genere come la racconti, senza che si spaventino? Per arrivare ad iscriverti ad una facoltà scientifica dovevi già allora resistere ad un decennio buono di “Ma lascia perdere, sei molto più portata per le materie umanistiche“, e figurati poi se qualcunə ti avesse poi detto del tuo futuro più probabile qualora tu avessi insistito: le lacrime e il sangue sono ovvie, le gioie (del resto numerosissime e nel complesso prevalenti) non altrettanto… E di più: in una catena di eventi fatta così, sopravvivi e fiorisci esattamente perché non ti _identifichi_ come matematica, o scienziata, o ingegnera, o cose così. Che è esattamente il contrario di quello che ai bimbi ed alle bimbe vorremmo dire…
Cara Patrizia,
La tua storia mette in luce una realtà complessa e sfaccettata dell’essere donne in campi scientifici. È affascinante e un po’ malinconico vedere come, nonostante la prevalenza femminile in corsi come Matematica a Milano, l’identificazione con la professione fosse così elusiva. La tua esperienza riflette una dinamica più ampia, dove le donne, pur eccellendo academicamente, spesso deviavano da percorsi professionali direttamente legati alla loro formazione. Questo fenomeno non solo sottolinea le barriere di genere persistenti nei campi STEM, ma anche la resilienza e la versatilità delle donne nel reinventarsi professionalmente. La tua transizione dalla matematica all’automazione e poi alla fisica della bassa atmosfera è testimonianza di un percorso di adattamento e successo, nonostante le sfide. La domanda su dove siano finite tutte quelle studentesse di matematica è tanto intrigante quanto importante, poiché evidenzia come le scelte professionali e personali siano influenzate da fattori sociali e culturali, oltre che individuali. La tua storia, e quelle simili, sono fondamentali per comprendere e cambiare la narrazione intorno alle donne nelle scienze, incoraggiando le future generazioni a identificarsi con orgoglio nelle loro scelte professionali, indipendentemente dai pregiudizi e dagli ostacoli.
Io la matematica la odio. Non riesco a capirci nulla. Nonostante mi sia più volte impegnato. Non riesco a fare nulla vedi per esempio le funzioni col grafico. Se non sono seguito personalmente, non sono capace.Non fa per me! Però la tecnologia meccanica, i materiali le macchine mi piacciono e capisco moltissimo!
Ciao Diego!
Capisco la tua frustrazione con la matematica, ed è assolutamente normale avere difficoltà in alcune materie mentre si eccelle in altre. Il fatto che ti appassioni la tecnologia meccanica, i materiali e le macchine dimostra che hai una mente tecnica e pratica, e probabilmente apprendi meglio attraverso applicazioni concrete piuttosto che concetti astratti.
Forse il problema con la matematica è il modo in cui ti è stata presentata. Se fosse collegata direttamente ai tuoi interessi, ad esempio applicandola alla meccanica, potrebbe risultare più intuitiva. Le funzioni e i grafici, ad esempio, sono fondamentali per comprendere fenomeni come il rendimento di un motore, la resistenza dei materiali o il comportamento delle forze. Potresti provare a studiare la matematica in un contesto più pratico e applicato, magari con l’aiuto di qualcuno che sappia guidarti passo dopo passo.
Non è detto che la matematica “non faccia per te”, forse hai solo bisogno di un metodo diverso che la renda più concreta e meno astratta!