Chi non odia creatura alcuna, ma tutte le ama e ne ha compassione, privo di attaccamento e di egoismo [...] costui mi è caro.

Bhagavad-gita

La Bhagavad-gita è un importantissimo episodio inserito nel Mahabharata, un poema epico sanscrito dell'antica India, composto molto probabilmente tra il I e II secolo dopo Cristo.

Si tratta di un testo religioso estremamente significativo per l'induismo e si presenta sotto forma di un dialogo tra il principe Arjuna e Krishna, un avatara (discesa terrena) della divinità hindu Vishnu.

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L'insegnamento della Bhagavad-gita

Nella Bhagavad-gita il dio Krishna insegna al principe-guerriero Arjuna che nulla può distruggere lo spirito di un essere umano. Nella Gita viene illustrata la dottrina del samsara, l'incessante ciclo delle rinascite che ciascun essere deve attraversare fino a quando, raggiunta la consapevolezza dell'identità tra lo spirito individuale (atman) e l'Assoluto (Brahman), non otterrà liberazione (moksha) dal ciclo delle rinascite.

Nella Gita vengono illustrate le tre principali vie di liberazione secondo la tradizione dello yoga, che proprio nei primi secoli dopo Cristo stava prendendo forma come metodo strutturato per ottenere la liberazione dal ciclo delle rinascite. Queste tre vie, karma-yoga (yoga dell'azione), jnana-yoga (yoga della conoscenza) e bhakti-yoga (yoga della devozione) sono intrecciate tra loro e parimenti necessarie, sebbene ciascun praticante abbia la possibilità di sceglierne una cui dedicarsi in base alle proprie caratteristiche psicologiche ed emotive.

In questo articolo esploreremo i tre sentieri dello yoga, la via della devozione, dell'azione e della conoscenza per come vengono illustrate nella Bhagavad-gita.

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La Bhagavad-gita: storia, contesto, filosofia

La Bhagavad-gita ("Il Canto del Glorioso Signore) è un testo inserito nel celebre Mahabharata, il colossale poema epico della tradizione indiana antica. Il canto occupa i capitoli compresi tra il 23 al 40 del libro VI ed è presentato sotto forma di dialogo tra il principe Arjuna e Krishna, un avatara del dio Vishnu. Composto tra il I o II secolo d.C., il testo è comunemente noto come Gita ("canto").

La Bhagavad-gita e lo yoga.

Nella Gita ci troviamo sull'orlo di una grande battaglia tra due rami di una stessa famiglia, Il guerriero Arjuna è improvvisamente sopraffatto dai dubbi e si chiede de sia giusto uccidere così tante persone, alcune delle quali sono suoi amici e parenti.

Arjuna, bloccato da questo potente conflitto interiore, esprime i suoi scrupoli a Krishna, che nella narrazione assume le sembianze di un auriga (cocchiere/consigliere), mantenendo celata la sua identità divina. La risposta di Krishna esprime i temi centrali della Gita: Krishna espone la dottrina del dharma, convincendo Arjuna a fare il suo dovere di uomo nato nella classe dei guerrieri (kshatriya), che è appunto quello di combattere. Nessuno può infatti sfuggire ai doveri insiti nel proprio dharma, e agire coerentemente con il proprio dovere è un'ingiunzione religiosa cui non è possibile sottrarsi.

Per questa ragione Arjuna verrà persuaso a combattere e la battaglia avrà inizio.

L'argomentazione di Krishna incorpora molti degli insegnamenti fondamentali delle Upanishad, i testi speculativi compilati tra il 1000 e il 600 a.C. che concludono la rivelazione vedica, così come della filosofia del Samkhya, che sottolinea uno spiccato dualismo tra spirito e materia.

Nella Gita il dio Krishna sostiene che solo il corpo può essere ferito e ucciso, mentre lo spirito è immortale e, assieme ai "semi" karmici accumulati in vita, trasmigra in un altro corpo dopo la morte, per intraprendere un nuovo cammino esistenziale.

L'insegnamento di Krishna nella Gita.

Per uscire da questo ciclo incessante di vita, morte e rinascita è fondamentale aver compreso e messo in pratica gli insegnamenti spirituali della tradizione, i quali garantiscono la liberazione (moksha) o l'estinzione (nirvana) dal ciclo delle rinascite.

A livello filosofico Krishna risolve la tensione tra l'ingiunzione vedica di eseguire sacrifici e accumulare buone azioni (karma) e l'insegnamento upanishadico incentrato sulla contemplazione e sull'acquisizione della conoscenza essenziale (jnana) dell'identità tra lo spirito individuale e l'Assoluto. La soluzione che viene offerta è ciò che verrà definito il percorso della devozione (bhakti): non è necessario rinunciare alle azioni bensì all'attaccamento e al desiderio (kama) per i risultati ("frutti") delle proprie azioni, agendo appunto senza desiderio, offrendo al Divino le nostre azioni con amore e cuore puro.

Bhakti-yoga: la via della devozione

Il termine bhakti (devozione) nella spiritualità hindu designa il reciproco di intenso attaccamento emotivo tra il devoto e la propria divinità d'elezione, ed è caratterizzato dalla relazione d'amore e sollecitudine che lega l'anima alla divinità

La devozione nel bhakti-yoga.

Il movimento spirituale della bhakti (bhakti-marg) è nato nell'India meridionale tra il VII e il X secolo con i canti e le poesie devozionali degli Alvar e dei Nayanar, e attinse alle tradizioni secolari tamil della poesia erotica e alle tradizioni della letteratura cortese,

Il movimento della bhakti trasse tuttavia la propria origine scritturale proprio nell'insegnamento della Bhagavad-gita.

Secondo la Bhagavad-gita, infatti, il bhakti-marga (o bhakti-yoga) è superiore agli altri due approcci religiosi, ossia il percorso della conoscenza speculativa (jnana-yoga) e il percorso del rituale e delle buone azioni (karma-yoga).

Ma in cosa consiste il cammino della bhakti?

L'argomento viene trattato anche durante le lezioni di yoga online: il bhakti-yoga è caratterizzato da una serie di pratiche devozionali che includono tradizionalmente:

  • la recitazione del nome della divinità d'elezione o di mantra specifici
  • il canto di inni in lode della divinità
  • indossare o portare emblemi identificativi
  • compiere offerte alle murti (effigi) della divinità d'elezione
  • intraprendere pellegrinaggi in luoghi sacri associati alla divinità
La via della bhakti nello yoga.
Il pantheon hindu è articolato e complesso, sebbene tutte le divinità siano considerate aspetti distinti dell'Assoluto.

Ognuna delle principali divinità dell'Induismo, Vishnu, Shiva e le varie forme della Dea, è oggetto di innumerevoli tradizioni devozionali. La bhakti vishnuita si basa sulla devozione ai diversi avatara (discese terrene) di Vishnu, in particolare Krishna e Rama.

La devozione a Shiva è associata alle sue frequenti manifestazioni sulla terra, in cui può apparire come Signore dello Yoga (Yogeshvara) o come danzatore supremo. La devozione alle dee è invece più regionale e locale, ed è caratterizzata dalle grandi celebrazioni nei templi e nelle feste dedicate a Durga, Kali, Lakshmi e molte altre.

Il bhakti yoga, molto influenzato in epoca medievale dal tantrismo, è dunque un percorso spirituale o pratica spirituale incentrato sulla devozione amorevole verso una divinità personale.

Il sentiero del karma-yoga: l’azione disinteressata

Il karma-yoga, chiamato anche karma-marga, è uno dei tre percorsi spirituali classici menzionati nella Bhagavad-gita, e consiste nel percorso dell'azione disinteressata. Per un karma yogi, infatti, l'azione corretta e spassionata è a tutti gli effetti una forma di preghiera.

Dei percorsi classici verso la liberazione spirituale nell'induismo, il karma yoga è senza dubbio quello rivolto a coloro che non scelgono la via ascetica della rinuncia al mondo.

La via del Karma-yoga.

Il karma-yoga insegna che il praticante dovrebbe agire secondo il proprio dharma individuale, determinato dalle condizioni di nascita (casta, status, genere), compiendo le proprie azioni e le proprie scelte senza attaccarsi ai frutti di tali azioni e scelte, ossia mostrandosi equanime nei confronti degli esiti delle azioni. Il karma-yoga è dunque la pratica spirituale dell' "azione disinteressata compiuta per il bene degli altri" e rappresenta un percorso per raggiungere la moksha (liberazione spirituale) attraverso le proprie azioni quotidiani, grandi e piccole. In questo senso è una via aperta a tutti, anche alle persone di oggi.

Il cammino dello yoga dell'azione (karma-.yoga).

Il karma-yoga consiste nel compiere un'azione "giusta" senza manifestare attaccamento ai frutti delle azioni e senza essere influenzati dai possibili risultati, nutrendo e coltivando una totale dedizione al proprio dovere pur rimanendo neutrali rispetto alle ricompense o ai risultati come il successo o il fallimento.

Nell'Induismo, questo concetto è noto come seva, che significa servizio disinteressato agli altri come mezzo di pratica spirituale.

Il karma yoga, afferma la Bhagavad-gita, purifica la mente e richiede al praticante di aderire senza attaccamento al piano divino, agendo e diventando "simile al dio Krishna" in ogni momento della propria vita. Il tuo maestro di yoga torino saprà parlartene in modo molto approfondito!

Il sentiero del jnana-yoga: la conoscenza liberatrice

Jnana (pronunciato "ghyana"), significa "conoscenza" in sanscrito. La radice jñā- è affine al termine greco gnosis (conoscenza) e il suo contrario è ajnana,"ignoranza". Il Jnana yoga è uno dei tre percorsi classici per conseguire la liberazione dal ciclo delle rinascite ed è incentrato sulla conoscenza speculativa ed è definito come un cammino di autorealizzazione spirituale.

In cosa consiste il jnana-yoga?
La speculazione contemplativa è da sempre considersta un pilastro della filosofia yogica.

La via del jnana-yoga è una pratica spirituale che persegue la conoscenza attraverso alcune domande di natura filosofico-spirituali quali "Chi sono io?" e ​​"Cosa sono io?".

Il praticante (anche chi fa yoga a casa) studia con l'aiuto di un maestro, medita e riflette sulle parole delle scritture, giungendo alla comprensione della natura del proprio Sé/spirito (Atman,) e sulla sua relazione con il concetto metafisico chiamato Brahman (Assoluto) nell'Induismo. Jnana nel contesto dello yoga è inteso come "realizzazione o gnosi", e fa dunque riferimento a un percorso di studio in cui si conosce l'unità tra sé e la realtà ultima chiamata Brahman.

Questa idea è presente nei testi del Vedanta (le Upanishad vediche) ed è ripresa nella Bhagavad-gita: jnana implica il riconoscimento dell'identità di atman e Brahman.

In conclusione è importante sottolineare un aspetto importante: i tre percorsi yogici presentati nella Gita non sono reciprocamente esclusivi nell'induismo, sebbene l'enfasi posta su un cammino in particolare può variare a seconda dell'individuo.

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Sandra

Educatrice, insegnante di meditazione, appassionata di storia, filosofia e di discipline spirituali.