In seguito alla vittoria del “leave” al referendum tenutosi il 23 giugno 2016 con un 51,89% di votanti a favore dell’uscita e un 48,11% per il “remain”, il Regno Unito prese una delle decisioni più discusse e più contestabili della storia: quella di abbandonare l’Unione Europea al fine di riacquistare una cosiddetta indipendenza da Bruxelles. 

La notizia era già abbastanza sconvolgente per i giovani Britannici e per i giovani europei che sognavano di trascorrere un periodo di studi nel Regno Unito, ma come se non bastasse, dopo oltre quattro anni di negoziazioni tra l’isola e l’Unione, il 24 dicembre 2020, in occasione del cosiddetto Accordo di Natale, il primo ministro britannico Boris Johnson annuncia al pubblico la terribile decisione “il Regno Unito abbandonerà il programma Erasmus. 

Ma quali sono le conseguenze di questo annuncio, e quali saranno le possibilità per gli studenti che intendano studiare in Inghilterra, in Galles, in Scozia o in Irlanda del Nord? Scopriamolo insieme in questo articolo. 

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Programma Erasmus: cos’è e perché è importante 

La scelta del Regno Unito di lasciare l'Unione Europea rischia di avere serie ripercussioni economiche e sociali.
Le campagne a favore e contro la Brexit hanno diviso il Regno Unito e creato molta tensione all'interno del paese.

L'intuizione di dare vita a un programma di studio che permettesse agli studenti europei di ottenere una borsa per trascorrere un periodo di studio in un altro paese dell'unione nacque alla fine degli anni sessanta grazie a una pedagogista italiana, Sofia Corradi, che all'epoca ricopriva il ruolo di consulente scientifico della conferenza permanente dei rettori delle università italiane. Grazie alla sua posizione, Corradi, da allora soprannominata con affetto "Mamma Erasmus", riuscì a promuovere la propria idea all'interno dell'ambiente universitario e istituzionale.

Fu in seguito l'associazione studentesca AEGEE (all'epoca EGEE), fondata a Parigi nel 1985, a riprendere in mano l'idea di Corradi col fine di realizzarla. In questo senso, fu essenziale il supporto del presidente francese François Mitterrand, che fece pressione a favore del programma sulla Commissione Europea. Nacque così nel 1987 il progetto Erasmus, il cui obiettivo era inserire degli scambi culturali per studenti universitari all'interno dell'Unione, al fine di rafforzare il senso di comunità, spingendo i più giovani a viaggiare, a esplorare altre culture e a imparare almeno una lingua dell'Unione al di fuori della propria lingua madre.

Il programma Erasmus si è poi rivelato negli anni un grande successo: basti pensare che in 30 anni sono più di mezzo milione gli studenti italiani che hanno preso parte a questa iniziativa, mentre il numero totale di studenti europei che hanno preso parte al programma supera addirittura i 4 milioni!

Questi dati rendono ancora più sconfortante la decisione presa dal Regno Unito di ritirarsi dal programma Erasmus, tanto più che questa scelta non era una conseguenza automatica della Brexit: paesi come l'Islanda, la Norvegia e la Turchia partecipano infatti al programma pur non facendo parte dell'Unione. In assenza di altri programmi di studio, saranno comunque assicurati il diritto e l'opportunità per gli studenti italiani, francesi, spagnoli, tedeschi e del resto d'Europa di ricevere finanziamenti per studiare nel Regno Unito nell'ambito della loro formazione?

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L’effetto Brexit sull’Erasmus 

Il futuro dei programmi di scambio tra Europa e Regno Unito è ancora incerto, ma quest'ultimo ha già annunciato il suo ritiro dal programma Erasmus.
Londra e le altre grandi città del Regno Unito sono sempre state una meta privilegiata dagli studenti Erasmus.

Prima della Brexit, il Regno Unito era la terza meta più ambita dagli studenti che decidevano di prendere parte al programma Erasmus, preceduto solo da Spagna e Germania: solo nel biennio 2014-2015 furono più di 30.000 i giovani europei che trascorsero un periodo di 6 o 9 mesi in Inghilterra, in Galles, in Scozia o in Irlanda del Nord. In seguito all'annuncio del primo ministro Boris Johnson, quest'opportunità verrà presto meno, poiché in seguito alla Brexit i rapporti tra Europa e Regno Unito si rifaranno agli accordi bilaterali e alle regole della cooperazione internazionale.

Una volta terminati i programmi attualmente in corso, che rientravano nel quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, il Regno Unito smetterà di finanziare il progetto Erasmus e di prendervi parte. Destinazioni come Londra, Edimburgo, Liverpool, Manchester, Nottingham, Glasgow, Cardiff, Cambridge, Oxford e Belfast non appariranno più tra le mete selezionabili dagli studenti europei nel corso della propria istruzione universitaria.

La scelta del Regno Unito è stata giustificata affermando che il programma Erasmus fosse "estremamente costoso" e quindi finanziariamente svantaggioso per il paese, poiché erano più gli studenti stranieri a venire accolti nelle università britanniche — come la University of Cambridge e la University of Oxford — di quanti non fossero gli studenti britannici a partire in altri paesi europei.

Non è più possibile per i cittadini europei trasferirsi liberamente a Londra o nelle altre grandi città del Regno Unito.
Per recarsi in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord non sarà più sufficiente la carta d'identità, ma sarà necessario avere un passaporto.

Se da una parte i dati numerici sono incontestabili, dall'altra va detto che la questione è più complessa: bisogna infatti tenere presente che gli studenti Erasmus sono comunque dei consumatori: gli oltre 30.000 studenti europei che ogni anno, almeno nell'ultimo periodo, affollavano le università britanniche non si limitavano a studiare, ma uscivano, facevano la spesa, pagavano affitti e contribuivano in maniera sensibile alla fiorente economia britannica.

Alla luce di tutto ciò, sembra evidente che la scelta di abbandonare il programma Erasmus sia prima di tutto una scelta politica da parte del Regno Unito, un ulteriore segnale che "Brexit means Brexit": uscire dall'Unione Europea comporta anche abbandonarne i programmi di scambio, anche se questo significa limitare le opportunità di mobilità internazionale per i giovani su entrambi i fronti.

Ora che sappiamo che il programma Erasmus non sarà più uno strumento utilizzabile da chi intende partire a studiare nel Regno Unito, viene però da domandarsi se prenderanno il via programmi sostitutivi che permettano a studenti che effettuano un percorso in lingue o in materie inerenti alla storia o alla cultura britannica di ottenere un visto per studiare nelle università inglesi, gallesi, scozzesi e dell'Irlanda del Nord. Scopriamo insieme tutto ciò che si sa finora sul futuro degli scambi universitari col Regno Unito nel prossimo paragrafo.

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Il Turing Scheme e il futuro degli scambi con il Regno Unito 

Il Turing Scheme consentirà agli studenti britannici di studiare all'estero, ma non prevede fondi che permettano agli studenti europei di studiare in Gran Bretagna.
Non sarà necessario un visto per viaggiare in Gran Bretagna, ma per chi intende rimanere per più di 6 mesi nel paese per studio le cose si faranno più complesse.

In seguito all'annuncio del ritiro della Gran Bretagna da programma Erasmus, Boris Johnson ha annunciato la creazione di un nuovo programma di scambio indipendente, il Turing Scheme, che prende il nome da un celebre matematico britannico. Il programma, che ha preso il via lo scorso settembre, prevede ingenti finanziamenti per gli studenti britannici che vogliano studiare all'estero. I finanziamenti elargiti consentono agli studenti di partire non solo nei paesi dell'Unione Europea, ma include anche mete al di fuori dell'Unione.

Tuttavia, la European Union Committee della House of Lords ha osservato come i vantaggi derivanti dall’Erasmus saranno difficilmente replicabili dal nuovo programma proposto dal governo inglese, poiché al momento questo non prevede alcun fondo per gli studenti in entrata. Questo significa che al momento uno studente italiano che voglia studiare nel Regno Unito dovrà iscriversi a un intero percorso di studi, pagando di sua tasca le tasse di iscrizione (che in seguito alla Brexit possono ammontare, per gli studenti internazionali, a somme stratosferiche — fino a 30.000 sterline l'anno!), l'assicurazione sanitaria e il visto per rimanere nel paese oltre i sei mesi.

Inutile dire che questo limiterà considerevolmente l'afflusso di studenti europei nelle università britanniche, causando così non solo un danno economico, ma soprattutto un danno accademico, poiché molte delle migliori menti europee, una volta attirate dalla qualità delle università del Regno Unito, privilegeranno ora università di altri paesi quali la Germania, la Francia, ecc.

Non bisogna però perdere le speranze: non è da escludere che nei prossimi anni nasceranno nuovi programmi di scambio bilaterale tra i paesi dell'Unione e la Gran Bretagna, scambi che consentiranno anche agli studenti italiani di tornare a occupare le aule delle migliori università inglesi. La pandemia dovuta al covid19 ha infatti spinto negli ultimi due anni in secondo piano la Brexit e le sue conseguenze, in particolare in ambito accademico e culturale, ma quando si uscirà dallo stato di emergenza e si tornerà a viaggiare e a muoversi liberamente, riprenderanno probabilmente anche le trattative su aspetti della Brexit considerati secondari, ma di primaria importanza per tutti coloro che sognano ancora di vivere e studiare nel paese di Shakespeare.

Se nel frattempo vuoi tenerti informato sull'evoluzione del Turing Scheme puoi visitare il suo sito www.https://www.turing-scheme.org.uk o tenere sott'occhio le news attraverso i maggiori siti di informazione britannica, come la bbc e il The Guardian! Puoi anche migliorare la tua conversazione in inglese attraverso tandem con madrelingua nella tua città o con un corso inglese online. Scopri anche la nostra guida completa su come migliorare il tuo inglese!

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Nicolò Superprof

Scrittore e traduttore laureato in letterature comparate. Vivo a Bologna, dove coltivo la mia passione per i libri, il cinema e la buona cucina.